In ricordo di Laura D'Odorico

di Chiara Levorato

Laura D’Odorico è stata una studiosa di primissimo livello che ha contribuito alla nostra conoscenza dello sviluppo del linguaggio  nei  bambini italiani. A questo ambito di ricerca ha dedicato tutta la sua vita di ricercatrice riuscendo a ottenere risultati unici per originalità e profondità; e non ha mai tralasciato il lavoro di formazione, creando una importante leva di giovani eccellenti ricercatrici e ricercatori.

 

La nostra Associazione le deve molto. Laura ha creduto sin dall’inizio nella costituzione di  un gruppo di lavoro che avesse un ruolo centrale di promozione e di sostegno alla ricerca nell’ambito della psicologia e psicopatologia dello sviluppo del linguaggio e della comunicazione. Con il suo impegno concreto e la sua  intelligenza critica  ha contribuito in modo  determinante a definire la fisionomia di questa associazione, che all’inizio ha riunito sotto un unico ombrello coloro che studiavano il linguaggio nei laboratori di ricerca, ma poi si è ampliata per includere chi lavora nella clinica con i bambini. 

Nel 2009 viene organizzato alla Bicocca il primo convegno di Clasta, che all'epoca non era ancora una associazione e includeva solo accademici: in molti parteciparono e da quel momento ogni anno si tengono le giornate CLASTA in diverse sedi d’Italia.

Nel 2012 Clasta diventa una associazione, con un statuto e  una struttura organizzativa,   definita da un carattere multidisciplinare, includendo oltre agli accademici, diverse figure professionali dedicate alla cura del bambino con problemi nello sviluppo del linguaggio e della comunicazione.

Ho conosciuto Laura nel 1973 quando ha vinto una borsa di studio presso l’Istituto di Psicologia dell’Età Evolutiva di Padova guidato da Guido Petter. Aveva seguito un percorso che non vedeva come centrale la Psicologia dello Sviluppo, infatti per la sua tesi di laurea alla Facoltà di Filosofia di Padova, fu guidata da Giuseppe Mosconi che era un grande e originale studioso dei processi di pensiero; l’argomento era un fenomeno che riguarda la  pragmatica della comunicazione: il motto di spirito, studiato dalla psicanalisi e dalla psicologia del pensiero. Oltre a Petter e  Mosconi all’epoca nell’istituto lavorava Gabriele Di Stefano, col quale ci eravamo da poco laureate Francesca Simion e io,  che diventerà il compagno di vita  di Laura  oltre che il papà di Elena.  Un’altra giovane precaria presente  all’epoca nell’Istituto era Beatrice Benelli che si era laureata  con Petter.

E’ nata così  fra  noi 4  giovani precarie una collaborazione che è durata parecchi anni che è stata un fattore di crescita straordinaria. Abbiamo studiato processi che erano fuori dagli orizzonti dei nostri tre maestri: lo sviluppo cognitivo, comunicativo e linguistico nella prima infanzia, analizzati col metodo dell’ osservazione diretta e longitudinale. Attraverso lo studio di una letteratura scientifica che si affacciava proprio in quegli anni nelle riviste internazionali,   abbiamo portato nell’Istituto di Psicologia dell’Età Evolutiva di Padova, caratterizzato da una  impostazione sostanzialmente piagetiana,  delle linee di ricerca del tutto  nuove.  Una coincidenza interessante, ma non casuale, è che in quegli stessi anni al CNR a  Roma Elisabeth Bates, Luigia Camaioni,  e Virginia Volterra cominciavano ad occuparsi  di fenomeni analoghi  usando gli stessi metodi. La sintesi dei nostri lavori oltre che in vari articoli – va detto che all’epoca si pubblicava solo su riviste nazionali - esce nel volume del 1980  Forme di conoscenza prelinguistica e linguistica, in cui oltre che di comunicazione e linguaggio ci siamo occupate  anche di sviluppo sensomotorio e sviluppo dei concetti.

Ora, ai giorni nostri  nessuno oserebbe pensare ad una ricerca che riguardi processi evolutivi così ampi e diversi,  come  appunto, il primo linguaggio e la comunicazione prelinguistica, i concetti e le azioni sensomotorie;  bisogna, però, ricordare che a quei tempi l’indagine era meno specializzata, meno parcellizzata, ed erano invece apprezzate delle teorie di insieme: in questa ampiezza di  interesse scientifico  noi manifestavamo chiaramente la nostra forte formazione di stampo piagetiano.

In quel periodo si svolgeva annualmente a Trieste un convegno, cui partecipavano una cinquantina di persone, che allora era il riferimento principale per gli psicologi italiani. All’epoca agli incontri di Trieste ancora vi partecipava Cesare Musatti, il padre della psicanalisi italiana che amava discutere con sperimentalisti, prevalentemente della percezione visiva, come Paolo Bozzi e Gaetano Kanitza, ma anche del pensiero e del ragionamento, come Paolo Legrenzi e Carlo Umiltà.  In uno di questi convegni fu proprio Laura a osare, va detto, presentare la nostra ricerca sullo sviluppo dei concetti: ‘questa è la buona  ricerca’ fu il commento di uno dei  maestri presenti,  e noi sentimmo  che eravamo sulla strada giusta. Laura aveva 26 anni.

Questo episodio illustra bene che gli psicologi erano una comunità piuttosto circoscritta e tradizionalista  in cui, però, si cominciava a manifestare il bisogno di porsi domande nuove, di aprirsi a nuove linee di ricerca,  di trovare modi nuovi di rispondere anche a  domande vecchie, ma formulate in modo completamente  nuovo, come ad esempio il rapporto tra pensiero e linguaggio, un tema che andava ponendosi in termini molto diversi da come  era stato dibattuto fino a quel momento con riferimento a Piaget e Vygotskij.

In quel periodo nasce l’interesse di Laura per fenomeni che saranno oggetto privilegiato in tutto il suo percorso scientifico: nel ’76 scopre un libro di Patricia Greenfield   che indicava la direzione  che poi avrebbero preso gli studi di Laura: The structure of communication in early language development.  La Greenfield, che si era formata con Jerome Bruner. analizzava puntualmente il passaggio dalle prime espressioni di una parola alle combinazioni di due parole e notava l’importanza dei gesti  comunicativi in questa transizione: prima di combinare due parole il bambino nel secondo anno di vita combina un gesto e una parola che codificano aspetti semantici diversi ma salienti della situazione.  Laura mi propose di tradurre insieme questo libro e così si manifestò la sua intenzione di passare da impostazioni teoriche generaliste ad analisi di processi specifici.

Tutti abbiamo sempre apprezzato Laura per  il suo spirito critico, la sua intelligenza vigile. Non ‘abbracciava’ teorie: ne cercava i limiti e le prove empiriche, senza risparmiarsi: conduceva  quasi esclusivamente studi longitudinale anche se sono molto laboriosi e meno produttivi dal punto di vista delle pubblicazioni, come lei  amava ricordare.

E sempre analizzando  un fenomeno in relazione ad altri fenomeni: il vocabolario e la sintassi, lo sviluppo linguistico  del bambino in relazione al linguaggio che  gli adulti  gli rivolgono,  il vocabolario in relazione ai gesti, lo sviluppo della prosodia  e quello  del vocabolario, sempre con grande chiarezza di obiettivi  di ricerca,  con rigore metodologico, sempre con un occhio alla rilevanza scientifica e applicativa. A proposito di rilevanza applicativa , e clinica, anche per Laura, come per me, l’interesse per lo studio del linguaggio nello sviluppo atipico arrivò piuttosto tardi:  avevamo cominciato la nostra storia come ricercatrici di processi di base, e solo gradualmente si è resa sempre più evidente la necessita di tener conto dei processi che avvengono nello sviluppo atipico, non tanto perché questi  ci possano informare  di quello che avviene nello sviluppo tipico, ma per la loro rilevanza clinica,  perché lo studio del bambino che per qualche fattore presenta  un ritardo o un disturbo del linguaggio merita una buona ricerca scientifica.

Anche io devo molto a Laura e per me è un grande rimpianto quello di non averla più  vicina. E’ stata una  amica e collega con la quale  ho vissuto tante esperienze..

E'  stata la prima a  sostenere e condividere il progetto di costituire l'Associazione.

Continuiamo a ricordarla.

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